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“Il regista” | making of: parte 2

Dopo la prima inquadratura, che stabilisce la location della vicenda (New York), vediamo come si susseguono gli eventi del booktrailer.

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La seconda e la terza inquadratura, in totale rappresentano una scena unica, mostrano un taxi che si allontana dal centro per avvicinarsi verso una periferia sempre più scura, sempre meno illuminata dalle luci di Manhattan.

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Questa è realtà è una sorta di licenza poetica, perché in effetti, non avendo letto il libro, non sapevamo effettivamente se un taxi è presente nella vicenda, e in caso se si allontanasse dal centro.

Ho pensato però che poteva benissimo fungere da raccordo: New York è costellata di taxi e potevo sfruttare il movimento di uno di questi per rappresentare l’allontanamento dall’isola più famosa del mondo verso la periferia, non tanto dal punto di vista geografico quanto da quello emotivo; ci allontaniamo da una zona sicura per addentrarci verso le tenebre.

Dopo avere cercato in maniera più o meno sommaria il video di un taxi a New York, sui vari siti di stock, ho capito che non saremmo mai riusciti a trovare la giusta inquadratura, per cui abbiamo scelto di affrontare la cosa da un altro punto di vista, con un’altro approccio.

Abbiamo iniziato a cercare delle fotografie (in creative commons) che rappresentassero New York nella sua zona più famosa e celebre, per esempio Times Square, e poi anche una periferia.

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Parallelamente ci siamo mossi per trovare un modello tridimensionale di taxi da poter inserire all’interno di queste fotografie.

Ovviamente le fotografie di partenza erano a colori, e le abbiamo virate immediatamente al bianco e nero per poi aggiungere della grana digitale in modo da fondere video statico con dinamico.

Tra l’altro la grana è stata aggiunta in maniera piuttosto decisa proprio perché dovevamo simulare riprese al buio, dunque con alti guadagni.

Una volta posizionata la fotografia nell’inquadratura siamo passati alla creazione di una telecamera virtuale in modo da fare combaciare l’ambiente e 3D con quello 2D.

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Il taxi in questione è un modello relativamente semplice, oserei dire quasi banale, e con una texture non particolarmente rifinita, motivo per cui abbiamo fatto sì che le ombre inghiottissero quasi del tutto il mezzo per nasconderne le imprecisioni.

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Nel caso dell’inquadratura in cui il taxi si avvicina abbiamo aggiunto anche le luci dei fari è un lens flare per mascherare maggiormente il modello.

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Nell’inquadratura in cui il veicolo si allontana non solo abbiamo inserito il canale dell’illuminazione, ma anche generato delle particelle luminose in corrispondenza delle luci di posizione, un primo inizio della serie di strisce di sangue rosso che caratterizzeranno tutto il trailer da qui in avanti.

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In modo particolare questa seconda scena prevedeva una fotografia in cui abbiamo dovuto cancellare il soggetto al centro per fornire una direzione percorribile da parte del taxi.

Un grosso incremento del realismo la scena è stato dato aggiungendo una sorgente luminosa esattamente in corrispondenza della luce inquadrata, in modo da rendere più realistico il comportamento dello shader del veicolo.

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Notare anche le luci proiettate sull’asfalto dai fari.

Dal punto di vista linguistico l’inquadratura in cui il taxi si avvicina prevede uno zoom all’indietro, la camera virtualmente si allontana dal centro.

E, nell’inquadratura subito successiva invece la camera segue il taxi zumando dentro l’inquadratura, ma questo avvicinamento si chiude con una dissolvenza al nero, un po’ come dire che stiamo seguendo l’auto che si allontana da Manhattan per arrivare in periferia, lontano dalla luce, tuffandosi nelle tenebre.

Vi riproporrei, tanto per fare un po’ di folklore, questa meravigliosa canzone di Bruce Springsteen.

Per questa volta credo che sia tutto, vorrei sottolineare ancora come, nonostante tutte queste inquadrature siano realizzate al 100% in post produzione, si sfruttano comunque i trucchi delle riprese reali, facendo uso dell’illuminazione per attirare l’attenzione dello spettatore verso alcuni elementi e nel contempo distrarlo da altri.

L’impianto stilistico, se non fosse per il bianco e nero, per certi versi vuole omaggiare questo meraviglioso video, realizzato da alcune delle persone che più ammiro nel mio settore: Nocturne, diretto da Vincent Laforet, Stu Maschwitz, and David Nelson:

Arrivederci tra pochi giorni, con altri dietro le quinte del nostro ultimo lavoro.

Il mio ultimo spot: Kombat Dragon Revive

Da tanto tempo non mi faccio sentire su questa piazza, e quando lo faccio di solito parlo dei miei due piccoli figliocci: trackSlate e trackFinger.

Oggi però voglio tornare a parlare di spot televisivi e di effetti speciali cogliendo l’occasione per presentarvi l’ultimo spot che ho realizzato: Kombat Dragon Revive.

A prima vista potremmo dire che questo spot è molto simile, se non uguale, agli altri che ho realizzato per la serie Kombat Dragon.

Però, per questo, abbiamo sperimentato delle tecniche nuove che ci hanno consentito di girare tutto lo sport senza dover costruire un diorama con elementi fisici.

La sceneggiatura prevedeva che questi draghi, formati da scheletri, sorgono in un pianeta la cui superficie è completamente costituita da ossa e tedeschi, una landa sterminata di resti animali.

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Ovviamente non saremmo mai riusciti a costruire un diorama costituito da ossa, proprio perché non saremmo riusciti mai a trovarne abbastanza.

Motivo per cui abbiamo deciso di creare un mondo completamente sintetico in cui ossa e tedeschi fossero generate al computer su modelli tridimensionali.

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Per la prima volta, in modo così massiccio, abbiamo girato tutte le sequenze su green screen e poi abbiamo fatto tracking 3D, questo perché lo scopo di tutte le sequenze era quello di effettuare un’estensione del setta massiccia: soltanto il personaggio è reale mentre tutto il resto è sintetico.

Dato che non siamo passati attraverso un programma 3D ma solo con il compositing, abbiamo ricreato le montagne le valli con modelli tridimensionali sui quali abbiamo applicato delle texture realizzate mettendo insieme le fotografie di 50 ossa e tedeschi.

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Nelle zone più ravvicinate, quelle in cui il soggetto è a contatto con la superficie tridimensionale, invece, ci siamo rivolti a sistemi particellare sui quali abbiamo inserito diversi Sprite.

Ogni sprite è essenzialmente una fotografia di un teschio, di un osso o di un altro tipo di resto e sono costantemente rivolti verso la camera.

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Per simulare la luce del sole e i raggi del tramonto, abbiamo effettuato la conversione di oggetti tridimensionali (punti sui quali abbiamo applicato il lens flare) in punti bidimensionali per poter applicare effetti non 3D.

Prima e dopo Trapcode Shine
Prima e dopo Trapcode Shine

Come sempre, per mio stile personale, ho cercato quanto più possibile di utilizzare degli oggetti reali compositandoli in un mondo 2.5D, perché quanto più gli oggetti sono veri tanto più l’ambiente diventa verosimile (per quanto possa essere verosimile un mondo popolato da draghi scheletro).

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Un’ultima nota vorrei che fosse dedicata alla sequenza finale, un unico piano sequenza in cui abbiamo una ripresa di un drago che si trova sulla cima di una collina, che poi si dissolve nella lo stesso drago sul braccio dell’attore bambino.

A questo punto c’è uno stacco, l’attore abbassa il braccio (tra l’altro una ripresa effettuata al contrario) e poi, sempre di continuo, questo drago “esplode” e poi “implodere” nella confezione che poi va a finire insieme ad altre 11 nell’espositore.

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Questa sequenza mi ha fatto venire davvero il mal di testa per l’insieme di elementi dei quali è composta.

Sarebbe interessante, per voi, che mi raccontassi come sono riuscito a fare esplodere e implodere il drago, ma forse, questa volta, mi tengo questo piccolo segreto per me, un cuoco non può spiegare ogni singolo particolare delle proprie ricette, no?

Ok, ok, adesso so che sto per passare per stronzo, per cui vi rassicuro: si tratta di qualcosa di molto più semplice di quanto possa sembrare e l’esplosione e l’implosione sono essenzialmente realizzati con espressioni che fanno portare un pezzo da un punto verso un altro punto, facendogli compiere un arco “pesato”sulla base del tempo trascorso (qualche fotogramma, dato che si tratta di una sequenza molto veloce).

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Questo credo che la cosa più interessante di tutto questo lavoro, sia comunque l’integrazione di oggetti reali bidimensionali tirati su green screen e l’estensione del set in tre dimensioni in modo da inserire le miniature in un diorama completamente sintetico.

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O forse, forse, la cosa più interessante di questo sport è la sua “forza”, perché, pur essendo una pubblicità per bambini, mostra sangue, morte e distruzione

Come vi ho detto sempre, forse io non sono un regista di spot televisivi, semplicemente creo dei trailer cinematografici di prodotti che si vendono nei negozi…